La filosofa Caterina Resta parla coi ragazzi di stranieri e ospitalità nella storia

Inviato da Maurizio Rizzo il Mar, 12/01/2016 - 10:23

Servizio di Alice Zerbinati su CasateOnLine     Relazione con la stampa: Prof.sse  Annarosa Besana  Rossella Gattinoni

Una tematica estremamente attuale, sulla quale però l'uomo riflette fin dall'antichità. Lunedì mattina circa quattrocento ragazzi delle classi quinte dell'Istituto d'istruzione secondaria superiore "Alessandro Greppi" di Monticello hanno infatti dialogato con la filosofa Caterina Resta, docente dell'Università di Messina, in un incontro dal titolo "Il mediterraneo, lo straniero, l'ospite".
Affollatissima l'aula magna durante l'intervento che nelle intenzioni degli organizzatori idealmente continua e contestualizza il discorso aperto lo scorso dicembre, quando in seguito agli attentati di Parigi gli studenti avevano dibattuto di terrorismo e Islam. Ad introdurre l'incontro, il professor Lorenzo Zumbo, docente di lettere dell'Istituto, che ha presentato l'ospite, autrice tra l'altro di diverse pubblicazioni sull'argomento, donate alla scuola.
Quindi l'ampio discorso della Resta, che ha spaziato tra la storia e la filosofia. "Solo nel confronto con l'estraneo possiamo capire noi stessi. Siamo tutti stranieri, migranti in cerca di un camino, di una direzione per la nostra vita, su una terra di cui non abbiamo possesso. Il Mediterraneo, culla della civiltà occidentale è stato da sempre continuo punto di incontro e talvolta di scontro con l'altro. Sulle sue sponde civiltà e popoli diversissimi tra loro, che il mare al contempo unisce e divide. E' innegabile la difficoltà della convivenza tra le diverse aree, in questo mare teatro di scontri che non hanno però mai avuto un esito fatale. Nel corso dei secoli, volta per volta, si sono infatti susseguite civiltà dominanti, ma nessuna di loro è riuscita a cancellare le altre completamente" ha detto

la filosofa.
L'incontro con il diverso, nella sua contrapposizione, è elemento fondante di ogni cultura, che deve però riuscire ad essere aperta alle esperienze con cui viene in contatto. E' quindi necessario, ha spiegato la studiosa, tutelare l'esistenza di un pluriverso, di cui anche l' islam deve fare parte, in contrapposizione a chi identifica questa religione come il male.
"Nel mediterraneo, mare di differenze, accoglienza e ospitalità sono sempre state un valore fondamentale. La civiltà greca, quella romana e anche quelle nate dalle religioni abramitiche hanno dato posto rilevante alla figura dello straniero, figura ambigua e in bilico tra nemico e ospite, come si evince anche solo analizzando le lingue antiche" ha proseguito.
Il mondo greco infatti conosceva un particolare rispetto per lo xenos, che era però spesso straniero tra simili, ovvero cittadino di un altra polis, il quale parlava la stessa lingua ed era comunque greco. Accogliere era doveroso, ci si riferiva a Zeus come dio ospitale e anche nell'Odissea ci sono riferimenti all'ospitalità. Nel mondo romano la parola ospis aveva inizialmente il significato di straniero, verso il quale si era legati da un obbligo e al quale andavano riconosciuti gli stessi diritti del cittadino romano. Solo più tardi, quando si iniziarono a sentire i problemi dell'Impero e dei suoi confini, ospis assunse il significato di nemico. Nella cultura ebraica il tema dello straniero è ancor più presente, poiché gli ebrei rappresentano l'emblema dell'erranza. Nel libro dell'Esodo, ha citato la Resta, si dice ad esempio di non maltrattare lo straniero perché voi stessi - gli ebrei - siete stati stranieri in terra d'Egitto. Questa condizione è costitutiva anche nel cristianesimo, dove lo stesso messia, Gesù, dice nel Vangelo secondo Matteo: "Fui straniero e mi accoglieste". In età moderna, dall'illuminismo in poi, si parlò concretamente di diritti dell'uomo e di conseguenza dello straniero. Il concetto di diverso, di altro si acuirà poi nel mondo globalizzato.
"Oggi l'identità è la questione all'ordine del giorno. E' sempre più difficile trovare un altrove spaziale, un territorio esterno in cui espellere il diverso. Il processo di mondializzazione è anche e soprattutto un movimento di occidentalizzazione del mondo, a cui sono legate forme di violenza inaudita. Ci troviamo quindi ad affrontare la sfida del terrorismo internazionale ed il problema della migrazione di masse umane verso le roccaforti del benessere occidentale. Ovunque si diffonde la paura dell'altro, che arriva a casa nostra e attenta a quello che consideriamo nostro. Quindi la logica del rigetto, del difendersi con recinti, barriere confini. Anche in Europa come sapete nascono nuovi muri. Le comunità si chiudono in se stesse, chiedono protezione allo Stato e nella paura trovano un elemento di coesione. Una dialettica di esclusione che è inclusione al suo interno e che può degenerare in fondamentalismi, che mirano alla depurazione di ogni contaminazione dell'altro".
Un'ostilità che si può affrontare solo accettando la necessità dell'esistenza dell'altro per l'esistenza di noi stessi. "Prima ancora di ripensare l'ospitalità, dobbiamo noi stessi riconoscere la pulsione identitaria che ci impedisce l'apertura verso chi è differente da noi. Il bisogno di identità si esaspera infatti in forme patologiche e distruttive. E' necessario liberarsi dal sogno dell'identità pura, che si traduce nell'incubo di violenza distruttiva. L'identità che pretendiamo come fatta e finita è una chimera. La Xenofobia non è che la risposta immunitaria alla guerra interna a ciascuno di noi, che determina la nostra identità. Bisogna trasformare questo conflitto in una filoxenia, amicizia e amore per lo straniero, termine con il quale i greci indicavano l'ospitalità. L'identità è un processo in continuo divenire che necessità dell'alterità dell'altro. La democrazia deve passare dall'idea dell'amicizia tra uguali a quella dell'amicizia con lo straniero. Del resto tutti noi siamo stranieri su questa terra, di cui nessuno può vantare l'esclusivo possesso" ha concluso la filosofa, lasciando poi spazio a domande e interventi dei giovani studenti.